Intro evoluzione tecnologia

Oggi vi voglio parlare di qualcosa che potrebbe già essere attuale nelle vite di tutti nel giro di pochi anni o decenni, una realtà che sembrava lontana, tempo fa, ma che si è insinuata con rapidità crescente. Sto parlando di Intelligenza Artificiale e dello sviluppo della tecnologia nel nostro quotidiano.

Era il 2001 quando Steven Spielberg, lavorando ad un progetto di Stanley Kubrick fece uscire “A.I. Intelligenza Artificiale”, un film di fantascienza che immaginava le sorti della Terra nel 2125.

A.I. Intelligenza Artificiale - Film

A.I. Intelligenza Artificiale – Film

Tra 105 anni, secondo Spielberg e Kubrick, potremmo avere i primi casi di robot con attitudini umane, inclusa la capacità di provare emozioni e senso di attaccamento, come succedeva a David, il piccolo Robot- bambino protagonista del film.

105 anni sono un lasso di tempo importante e mai come oggi potremmo già pensare di anticipare lo sviluppo tecnologico.

Il settore della robotica è sempre di più in fase di sviluppo: Usa, Giappone e Cina sono tra le principali potenze a stanziare cospicui fondi per la ricerca in tal senso e non hanno intenzione di rallentare il ritmo, intuendo le migliorie che possono portare simili scoperte.

Si parla della sfera personale, indubbiamente, ma anche di quella sociale, sanitaria e bellica. I robot potrebbero essere utilizzati per sostituire i soldati nelle guerre, ma anche per fornire assistenza agli anziani nelle case di riposo. Già alcune di queste funzioni sono ricoperte dai primi robot distribuiti sul mercato, ed i costi, in certi casi, non sono neanche poi cosi alti, considerando il beneficio che potrebbero apportare!

Come ci aiutano i primi robot?

I primi piccoli robot che sono stati progettati per aiutare in casa e nelle faccende domestiche hanno già i loro caratteristici nomi: Aido Robot, Alpha 2, Amy, Buddy robot, Dumy, Pepper, R1, Robelf, Maya, sono alcuni già in commercio e si possono trovare in fasce di prezzo dai 500 ai 3000 euro.

Aido Robot

Aido Robot

Servono principalmente per aiutare in casa, ma anche per sorvegliare bambini e anziani, avvisando quando serve i soccorsi in caso di malori e ricordando eventuali cure mediche da assumere. Sicuramente dei validi alleati che potrebbero essere presto irrinunciabili nelle famiglie di buona parte dei paesi sviluppati.

Naturalmente, sempre di più, i robot avranno somiglianze umane non solo nell’aspetto, ma soprattutto nel ragionamento e nel riconoscimento degli input esterni.

Inevitabile pensare che ciò che progetta queste menti artificiali è pur sempre il nostro cervello, per cui, giocando a essere creatori, certamente si cercherà di fare tutto a “nostra immagine e somiglianza”.

Sebbene i timori dei film fantascientifici racchiudano la possibilità che un giorno questi stessi robot si possano ritorcere contro l’umano che li ha creati, possiamo dire che questi timori oggi non sono tra i più fondati. La cautela invece è da ritrovarsi in ambito etico, relativamente all’attaccamento che potremmo nutrire nei riguardi di questi esseri presto sempre più senzienti.

Senza andare a guardare alcun film, potremmo pensare semplicemente a quando, nel 1996, venne commercializzato il Tamagotchi, un piccolo dispositivo dentro il quale era “contenuto” un cucciolo che si doveva tenere in vita dando cure, attenzioni e nutrimento (naturalmente sempre a livello virtuale). Le reazioni delle persone furono abbastanza eloquenti: prima in Giappone e poi in altri paesi del mondo, si creavano veri e propri legami emotivi da parte dei “padroni” che cercavano di offrire al loro cucciolo una permanenza piacevole. Ma il culmine si ebbe quando iniziarono anche i primi suicidi, a seguito della morte dei propri Tamagotchi.

Tamagotchi 1996

Tamagotchi 1996

Questo ci ricorda quanto sia facile per noi esseri umani legarci a intelligenze artificiali, anche semplici, come potevano essere quelle di una ventina di anni fa. Non sarà quindi difficile immaginare come potrebbe essere con robot più intelligenti e simili a noi.

Ma i robot non sono solo fuori da noi, sono sempre di più parte di noi. Pensiamo alle nuove protesi che possono garantire a chi è privo di arti una vita sempre più normale anche dopo l’amputazione, ma guardiamo soprattutto alla nostra vita di tutti i giorni.

Con quanti dispositivi intelligenti ci interfacciamo ogni singolo giorno?

Telefonini, computer, orologi digitali, accessori per gamers sono praticamente sempre di più parte della quotidianità di tutti. I visori VR, i guanti o gli auricolari sono gli esempi più concreti di come umano e realtà vituale si possano sempre di più unire. Questi dispositivi permettono di orientarsi in una realtà tridimensionale realizzata da computer e che appare come fosse vera. La persona viene isolata dall’ambiente esterno e assorbita da una realtà parallela in modo pressocché totale. Alla base l’assunto è quello di ricreare un ologramma che venga percepito dai sensi come reale e che, oggi, riscuote sempre più successo nell’ambito dei videogiochi.

Virtual Reality 2020

Foto presa da: https://www.stambol.com/2018/05/28/the-future-of-ar-vr-headset-design-is-hybrid/

Tuttavia non sarà solo questa nicchia a goderne, ma ben presto potremmo ritrovarci tutti a desiderare di creare, osservare, sperimentare nuove realtà virtuali, magari anche per comprendere meglio come agire direttamente sulla nostra.

Personalmente non credo all’alienazione della natura umana  in favore di una natura automatizzata e artificiale, quanto piuttosto ad un dialogo costante che possiamo avere con le nostre stesse innovazioni tecnologiche.

In tal senso anche la fisica quantistica sta facendo enormi passi in avanti generando il primo computer quantistico, in grado di processare una mole straordinaria di informazioni in un tempo veramente ridotto. Le previsioni potrebbero essere che, così come siamo in grado di creare macchine veramente intelligenti ed efficienti,  saremo probabilmente in grado di far funzionare il più sofisticato dei computer presenti al mondo: il nostro cervello (come mi raccontava Davide Lombardi nel suo corso Metapreneur).

Anche qui i film ci  vogliono indicare la via, come nel caso di “Limitless” in cui l’attore Bradley Cooper assume una pillola in grado di attivare tutte le funzioni del cervello, rendendolo rapidissimo nell’assimilare informazioni e nel metterle in pratica. Se riusciremo a riportare all’interno di noi la tecnologia che spostiamo all’esterno, i margini di evoluzione del genere umano sono veramente ampi, potenzialmente infiniti.

D’altronde l’evoluzione è prerogativa di ogni essere vivente e ciò che oggi ci sembra ancora assurdità, molto presto sarà scienza. Integrare le capacità dei computer che creiamo potrebbe portare a una moltiplicazione immensa delle nostre capacità. Non quindi una lotta tra esseri umani e robot, ma un’integrazione cordiale che ci permetterebbe di essere noi per primi più efficienti, con un cervello sempre meglio utilizzato e sfruttato in cooperazione con esseri robotici che possono essere quasi al nostro stesso livello.

Forse sto andando un po’ troppo di fantasia, ma se davvero mettiamo a fuoco l’entità dei progressi tecnologici degli ultimi 10 anni, ci renderemo conto anche che il ritmo della nostra crescita è sempre più fitto e che stiamo andando verso progressi futuri non solo inevitabili, ma anche necessari per sopravvivere su questo pianeta e trasferirci anche in altri mondi.